"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)
Lo
sciopero generale indetto dal sindacalismo di base per il prossimo
11 ottobre rappresenta un appuntamento importante dell'opposizione
di classe alle politiche governative, oltre che un momento
unitario del sindacalismo di base, foriero di prospettive
interessanti.
Molte e molti di noi saranno impegnati nei prossimi giorni nel
posto di lavoro, nelle organizzazioni sindacali di riferimento e
negli ambiti di lotta in cui siamo attivi nella preparazione dello
sciopero dell'11 ottobre.
La Federazione Anarchica Italiana ha attivato una campagna
antimilitarista per il ritiro immediato delle missioni militari
all'estero, per fermare l'aumento delle spese militari, per
convertire le produzioni belliche, campagna a cui invita tutte le
realtà politiche, sindacali e di movimento che condividono questi
obiettivi.
Auspichiamo che la giornata di lotta dell'11 ottobre sia
caratterizzata anche da una prospettiva antimilitarista.
La militarizzazione dei territori e delle relazioni sociali nel
nostro paese e la politica imperialista e guerrafondaia
all'esterno sono caratteristiche fondamentali dell'azione del
governo Draghi, nell'ambito del più generale attacco alle
condizioni di vita dei lavoratori, disoccupati, precari; azione
sostenuta con forza dall'Unione Europea.
Le spese militari nel 2021, in piena pandemia, sono aumentate
dell'8,1% rispetto all'anno precedente, per un totale di quasi 25
miliardi di euro, di cui 1.254,6 sono destinati a finanziare le
missioni militari all'estero, nuovamente approvate dal Parlamento
alla fine di luglio. Va da se che lo stanziamento per le missioni
comprende esclusivamente la parte logistica, mentre armamenti,
stipendi, indennità di missione rientrano in altri capitoli di
spesa.
Lo Stato italiano è impegnato in 40 missioni, di cui 18 in Africa.
Il contingente bellico in Afganistan è stato ritirato questa
estate: il costo complessivo di questo intervento quasi ventennale
è stato di 8,7 miliardi di euro.
Alle operazioni militari all'estero si affiancano 6 missioni di
polizia fuori dai confini italiani, tra cui quella di assistenza
alla famigerata guardia costiera libica.
Gli scopi di queste missioni sono: aggiudicarsi la fornitura di
materie prime garantendo l'estrazione e il passaggio di risorse
strategiche; controllare le zone chiave dei movimenti migratori;
pubblicizzare mezzi e materiali militari italiani presso i governi
dei paesi dove sono impegnati.
Le truppe di occupazione in Libia, così come le navi da guerra nel
golfo di Guinea, difendono i siti estrattivi e le infrastrutture
dell'ENI: i documenti ufficiali lo chiariscono in modo del tutto
esplicito, senza più alcun riferimento di carattere "umanitario" o
"poliziesco". Lo hanno denunciato in più occasioni i movimenti che
si battono contro lo sfruttamento ambientale, il colonialismo,
l'impoverimento delle popolazioni e la gestione militare dei
flussi migratori.
L'epilogo di vent'anni di occupazione NATO dell'Afganistan mette
bene in luce come la libertà e il benessere delle donne e degli
uomini afgani sia solo un alibi per giustificare una guerra
feroce, terminata con la sconfitta della "coalizione dei
volenterosi".
L'aumento delle spese militari, stanti i vincoli di bilancio,
determina il taglio ulteriore delle risorse per sanità,
istruzione, assistenza. Servizi essenziali gravemente ridotti da
anni, che, nonostante l'emergenza Covid, sono stati ulteriormente
erosi. Il potere d'acquisto di salari e pensioni è diminuito per
la necessità di far fronte a spese per la salute, l'istruzione i
trasporti, i cui costi reali, anche in seguto a progressivi
processi di privatizzazione, sono costantemente aumentati,
peggiorando le condizioni di vita dei disoccupati e delle
disoccupate e di chi lavora in condizione di crescente precarietà
e ricatto.
L'opposizione alla guerra, alla produzione e al traffico di armi,
alle spese militari si è intersecata con le lotte di importanti
settori del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici e della
società, basti pensare agli scioperi ed ai blocchi dei portuali
contro il traffico di armi, al movimento No MUOS in Sicilia, alle
ripetute proteste contro l'Aerospace and Defense Meeting a Torino.
É importante costruire lo sciopero dell'11 ottobre a partire dagli
elementi più cruciali delle varie vertenze settoriali e delle
politiche governative, ma riteniamo che l'assunzione all'interno
della piattaforma degli ambiti di lotta che vedono protagonisti i
movimenti possa far crescere l'adesione di più ampi settori ad un
appuntamento importante come lo sciopero generale.
Chiediamo quindi ai sindacati promotori dello sciopero generale
del prossimo 11 ottobre di inserire nella piattaforma un chiaro
riferimento contro la politica guerrafondaia del governo: per
fermare l'aumento delle spese militari, per il ritiro immediato
delle missioni militari all'estero, per la riconversione della
produzione bellica.
Invitiamo tutt* gli interessati a partecipare all'assemblea
antimilitarista che si terrà a Milano sabato 9 ottobre:
appuntamento dalle ore 10 sino alle 19 presso il laboratorio
Kasciavit in via San Faustino 64
https://federazioneanarchica.org/archivio
archivio_2021/20210714antimil.html
Federazione Anarchica Italiana
(Gruppo di lavoro antimilitarista e Commissione di corrispondenza)
Per contatti:
antimilitarista@federazioneanarchica.org
web-fai@federazioneanarchica.org