"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)

Comunicato diffuso dalla Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana


No a tutte le guerre!
No a tutti gli eserciti!

Il governo italiano è in guerra. In Afganistan, in Libia, in mare, nelle strade delle nostre città.
Nella sponda sud del Mediterraneo si moltiplicano le rivolte: solidarietà a chi lotta per la libertà.

Il governo italiano ha deciso di partecipare direttamente alla guerra per la Libia, inviando i Tornado a bombardare il paese.
Anche la Lega si è dovuta allineare. Il partito di Bossi, pur temendo le ripercussioni elettorali di un'ondata di profughi, si è dovuto piegare. Gli investimenti italiani in Libia valgono troppo perché il governo possa permettersi di tentennare ancora.
L'opposizione, tranne l'IDV, applaude.
L'Italia è in guerra da lunghi anni. È in guerra in Afganistan, nelle strade delle nostre città. In Libia.
Una guerra feroce con morti, feriti, deportati, prigionieri, campi di concentramento.
Dalle basi nel nostro paese partono i cacciabombardieri diretti in Libia dove i governi di Francia, Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti si contendono il controllo delle risorse petrolifere del paese.
Da Lampedusa partono navi ed aerei verso i campi di concentramento allestiti in aree militari.
L'aggressione, iniziata sabato 19 marzo, non ha niente di umanitario.
L'ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d'Africa.
I governi che in questi giorni muovono guerra al dittatore libico Gheddafi gli hanno venduto le armi che ora impiega contro i ribelli di Bengasi. Il governo di Roma ha siglato con quello di Tripoli un accordo criminale per i respingimenti in mare. Gente in fuga da guerre e persecuzioni, che cercava asilo nel nostro paese, è stata rimandata verso l'inferno. Il governo di Tripoli faceva il lavoro sporco per conto del governo di Roma. Un servizio completo: respingimenti, galere, abbandono nel deserto.
Un servizio che pare che il governo provvisorio di Bengasi avrebbe promesso di voler riprendere.

Gheddafi, come Ben Alì, Assad e Mubarak, sono stati sostenuti perché garantivano gli interessi economici e militari dei governi occidentali in Libia, Tunisia, Siria ed Egitto. Si sono fatti garanti dell'applicazione delle misure imposte ai loro paesi dagli organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale per il Commercio.
Di fatto una nuova forma di colonialismo. Meno costosa ed impegnativa sul piano militare dell'occupazione e del controllo diretto, ma altrettanto efficace.
Le rivolte scoppiate negli ultimi mesi sulla sponda sud ed est del Mediterraneo hanno cacciato dittatori come Ben Alì e Mubarak.
La lotta popolare non si è fermata, mettendo in crisi i rapporti di subordinazione internazionale garantiti dai regimi dittatoriali.
La risoluzione dell'O.N.U., con il falso pretesto della difesa della popolazione civile, ha dato il via ad una vera e propria corsa alla Libia fra i governi francese, inglese, statunitense. In ballo il controllo delle risorse petrolifere, sinora monopolio pressoché esclusivo dell'Italia.
Non improbabile è anche l'ipotesi che la Libia, pacificata da un regime meno forte ed autonomo di quello di Gheddafi, possa divenire una base per il controllo di tutto il Nord Africa. Una vera ipoteca sulle rivolte popolari nell'intera area.
Il governo italiano, i cui interessi, sia economici sia di controllo militare dei flussi di immigrati e profughi, confliggono con quelli degli altri governi impegnati nella missione in Libia, ha dovuto barcamenarsi. Lo scontro per la guida della coalizione, la lunga ambiguità della relazione con Gheddafi, e la sofferta decisione finale di partecipare ai bombardamenti, ne sono il segno distintivo.
A questo punto non si può escludere che la coalizione decida l'intervento di terra.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
- constata che la guerra favorisce le gerarchie militari, l'industria bellica e chi la finanzia
- denuncia che la guerra la sta pagando a caro prezzo chi vive in Libia, come gli sfruttati che in Italia devono fare i conti con crescenti tagli ai servizi sociali, alla scuola, alla sanità a favore della spesa bellica.
- ricorda che in questi mesi le lotte dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati schiacciati dalla crisi hanno sempre messo al centro l'opposizione alle spese militari e all'economia di guerra
- invita alla lotta contro la guerra: porre fine al massacro è possibile, partendo dai territori dove viviamo, dove ci sono basi, poligoni di tiro, aeroporti militari, fabbriche di morte.
- ribadisce che la guerra c'è perché ci sono gli eserciti, la guerra c'è grazie ad un complesso e capillare apparato repressivo. L'esistenza stessa di stati e governi conduce alla guerra: la diplomazia è la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Gli accordi tra i governi gettano le premesse per nuove guerre, per nuove spartizioni del mondo.
Non ci sarà pace finché ci saranno sfruttati e sfruttatori, chi comanda e chi obbedisce.
Cacciamo governi e padroni. Cacciamoli tutti!
Fermiamo la guerra! Chiudiamo e riconvertiamo le fabbriche d'armi
Fermiamo la guerra! Opponiamoci ai campi – lager e alla deportazione degli immigrati.

Per fermare la guerra non basta la testimonianza, serve una società di liberi ed uguali.
Senza stati, senza frontiere, senza eserciti. Internazionale.

Commissione di Corrispondenza - Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org – tel. 366 2592395


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