"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)

Comunicato diffuso dalla Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana


PRODI HA BISOGNO DI MARTIRI

Nel giro di due giorni si sono verificati 6 morti sul lavoro. Solo nei primi due mesi di quest'anno sono morti 144 lavoratori e si sono verificati ben 132.972 infortuni, mentre il 2006 si è chiuso, con dati ancora non definitivi, con 1.280 vittime e 935.000 incidenti: una media di 4 morti al giorno in Italia a causa del lavoro. Negli ultimi 50 anni più di 200.000 vittime. Ci troviamo di fronte a una e vera propria guerra in atto. Una guerra di classe che vede la corsa al profitto, l'arroganza capitalista produrre lutti nella società umana, sfruttamento e inquinamento. Il governo di Centrosinistra grida allo scandalo, corre a legiferare e il presidente del consiglio Prodi usa la demagogia per definire "martiri" i morti sul lavoro. I media, loro cassa di risonanza, sembrano voler porre più attenzione al fenomeno. Probabilmente una legge verrà proposta, qualcosa verrà fatto, ma quanto potrà essere arginato il problema resta tutto da vedere e, stando ai risultati di più di un decennio della legge 626 sulla sicurezza, i dubbi crescono. I portuali di Genova, i Camalli, alla notizia della morte di un loro compagno, sono scesi subito in sciopero. Hanno denunciato che si lavora in strutture vecchie e fatiscenti. Noi possiamo aggiungere che è una caratteristica comune a tutti gli altri posti di lavoro, unita al fatto che i ritmi e i tempi sono sempre più stretti, serrati e le misure di sicurezza - quando presenti - molto discutibili. Ma questo sarebbe ancora ben poca cosa se il quadro complessivo non fosse caratterizzato dalla dittatura della precarietà e della flessibilità, della "qualità totale" e della competitività, del terrorismo aziendale e della delocalizzazione industriale, tutti fenomeni voluti e promossi da imprenditori, sindacati confederali, governanti e politici in questi anni. Quando si parla di morti e di infortuni sul lavoro bisogna ricordarsi che le cifre sbandierate non sono altro che la punta di un iceberg sconosciuto in cui non vengono conteggiati i casi non denunciati, le vittime del lavoro nero, i morti per incidente stradale per andare o tornare dal lavoro e, soprattutto, tutti coloro che si ammalano e muoiono per cause lavorative e per l'inquinamento. Tutto ciò non è altro che il prodotto e l'espressione prima di quell'economia capitalista che lungi dal produrre ricchezza per tutti, produce opulenza per pochi e disperazione per molti. Il capitalismo dal volto umano non esiste e non può esistere. Le risposte possono provenire solo da quella stessa fermezza e spontaneità, da quella coscienza di classe e conflittualità che a Genova i portuali hanno manifestato nell'immediato. L'unica difesa contro un lavoro che uccide sta nel ritrovare una conflittualità sociale, una partecipazione collettiva, uníautogestione dal basso della sicurezza e della dignità di vita degli sfruttati contro questo sistema economico e politico.

15/04/2007

Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana - FAI

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